Beatrix Potter

Quando Beatrix Potter attraversò lo specchio

Nel 1958 Leslie Linder decodificò il diario segreto di Beatrix Potter. Erano ormai trascorsi 20 anni dalla morte della scrittrice e molti di più da quando aveva inventato quel codice per impedire a chiunque di leggere il suo diario. Eppure, con la stessa forza e immediatezza, da quelle pagine balzò fuori tutto il suo mondo fantastico: dalle osservazioni sulle piante alle annotazioni divertenti sulle persone conosciute, senza tralasciare le descrizioni e i disegni degli animali incontrati nelle sue interminabili passeggiate in campagna. 

Beatrix Potter non era la scrittrice per bambini che tutti si aspettavano. E non solo perché il numero delle scrittrici all’epoca era così ridotto da non costituire di fatto un canone.

A 30 anni vestiva in modo poco conforme rispetto alle altre nobildonne, era ancora nubile e, cosa assai peggiore per l’indole femminile, era estremamente testarda. Caratteristica grazie alla quale, nel ristretto mondo del Vittorianesimo, bullettato da cardini farraginosi, riuscì a trovare la sua voce.

La versione di Beatrix del Vittorianesimo

Beatrix Potter nacque a Londra nel 1866. Figlia di genitori benestanti, il padre era un avvocato e la madre proveniva da una ricca famiglia di mercanti di cotone, trascorse la sua infanzia e la sua adolescenza sotto i rigidi dettami di una società che voleva che genitori e figli parlassero il meno possibile e per di più solo in occasioni formali.

Divenne così una bambina solitaria, senza amici e con tanto tempo a disposizione. E come tutti i piccoli sognatori, costretti a scovare tratti umani nei tronchi degli alberi, anche lei imparò presto che la fantasia e le buone letture erano tutto ciò che serviva per vivere avventure emozionanti. 

 

Beatrix Potter

 

I boschi della contea di Perth, e successivamente dei District Lake, ricchi di conigli, farfalle, piante e funghi di ogni genere, furono la sua fonte di ispirazione e la sua personale tavolozza dove dare vita alle sue creazioni.

Col tempo anche la sua tecnica divenne più precisa e prendeva spunto dalle illustrazioni dei suoi disegnatori preferiti: John Tenniel, autore dei disegni de Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie, Walter Crane, Kate Greenaway e Randolph Caldecott. E quando l’amore per il disegno si intrecciò a quello per le letture fantastiche – dai miti e leggende della Scozia a Walter Scott e, diventata più grande, a Shakespeare – i suoi personaggi furono allora pronti a raccontare le loro avventure ad altri bambini. Era il 1890.

Iniziò con illustrazioni di storie tradizionali come Cenerentola, La bella addormentata, Cappuccetto Rosso, in cui poteva raffigurare gli animali che meglio conosceva, riuscì però a vendere soltanto qualche disegno all’impresa Hildesheimer and Faulkner, che servirono per accompagnare un componimento di Frederick Weatherly e, successivamente, una raccolta di versi intitolata Our Dear Relations

Le sue enormi doti però non bastavano, era consapevole che aveva bisogno ancora di studiare arte, ma come era comune a fine Ottocento solo i maschi potevano accedere agli studi superiori. E quando Walter, il fratello minore, andò all’Eastbourne College, Beatrix Potter rimase sola con i genitori e la nuova istitutrice, Annie Carter, di soli tre anni più vecchia di lei.

Malgrado le apparenze, il rapporto con Annie divenne essenziale nella sua vita. Era l’amica che da piccola aveva così tanto desiderato, ma soprattutto fu la “spinta” per intraprendere il suo cammino professionale, scientifico e artistico

Senza scoraggiarsi e con l’aiuto dello zio Sir Henry Roscoe e dell’amico Charles Mclntosh, naturalista e micologo amatoriale, iniziò a frequentare il centro di ricerca botanica di Kew Gardens e a studiare le spore al microscopio, osservando e producendo diverse illustrazioni. E così, in breve tempo, una nuova passione conquistò Beatrix Potter: la micologia.

 

4 settembre 1893. La magia di un racconto

 

Caro Noel, poiché non saprei che cosa scriverti,

ti racconterò la storia di quattro coniglietti.

 

Una sera, venuta a conoscenza della malattia del figlio di Annie e non sapendo in che altro modo consolarlo, Beatrix Potter iniziò a inviargli delle lettere con il racconto e le illustrazioni di un bianco coniglio di nome Peter Piper e dei suoi fratellini.

Le diverse lettere sulle disavventure del piccolo Peter costituivano una bellissima e preziosa storia che la stessa Annie le suggerì di pubblicare.

Ma così come gli studi, anche pubblicare un libro per una donna era qualcosa di molto complicato. Molte scrittrici dell’epoca erano solite inviare i loro manoscritti mettendo in calce pseudonimi maschili, come fecero le sorelle Bronte o Mary Anne Evans, la famosa scrittrice di MiddleMarch, divenuta celebre con il nome di George Eliot.

E Beatrix Potter sapeva già, molto prima di iniziare, il genere di battaglia che avrebbe dovuto affrontare. 

Solo pochi anni prima, la Linnean Society of London, l’associazione più importante del mondo per lo studio della tassonomia e della storia naturale, non solo aveva rifiutato i suoi disegni sui funghi, malgrado fossero realistici quanto una fotografia, non aveva nemmeno dato credito alla sua teoria sulle spore dei funghi, On the Germination of the Spores of the Agaricineae, che oltretutto non le fu concesso di presentare, perché donna.

E forse, proprio in quel momento, quando le comunicarono che le sue teorie sarebbero state ascoltate solo se esposte da un collega di sesso maschile, decise di non fermarsi davanti a un altro “no”. 

Lavorò alacremente al libro del suo piccolo Peter Piper, revisionandolo e illustrando nel dettaglio tutti i personaggi. Rilesse la storia più e più volte per rendendola preziosa ma non troppo banale per i bambini e infine, sicura del risultato, lo spedì con il suo nome e cognome in bella mostra.

Fu rifiutato da tutte le case editrici, come era prevedibile, ma non si arrese.

Decise di stampare a sue spese 250 copie che riuscì a vendere, una dopo l’altra. Il suo caparbio coniglietto piaceva a grandi e bambini e in breve tempo ebbe tanto clamore da trasformarsi in un “piccolo” successo commerciale. 

E finalmente il 2 ottobre del 1902 fu pubblicato The Tale of Peter Rabbit dalla Frederick Warne & Company.

ONCE upon a time there were four little Rabbits, and their names were—

⁠Flopsy,

⁠Mopsy,

⁠Cotton-tail,

and Peter.

 

The Tale of Peter Rabbit di Beatrix Potter

 

C’è qualcosa di delizioso nello scrivere le prime righe di una storia.

Non puoi mai sapere dove ti possano portare.

Le mie mi hanno portato qui,

nel posto a cui appartengo.

 

La genesi di The Tale of Peter Rabbit fu alquanto dura, per entrambi le parti: lei fu costretta a rifare tutte le illustrazioni a colori, per seguire quello che richiedeva il mercato, ma loro dovettero accettarono molte delle sue idee, tra cui quella di non dover scrivere con un linguaggio troppo infantile. 

Secondo Beatrix Potter i bambini dovevano poter crescere con i libri e imparare anche termini più complessi.

Ma questa non fu la sua unica richiesta: volle realizzare un formato più piccolo adatto alle dimensioni delle mani dei bambini e, soprattutto, le sue storie non sarebbero mai costate più di uno scellino, per permettere a tutti di sognare quelle campagne che avevano fatto da sfondo privilegiato alla sua infanzia.

Seguirono altri venti libricini al ritmo di due o tre all’anno. Ma Beatrix Potter non si limitò solo a scrivere e illustrare. Dimostrò di essere un genio imprenditoriale e a un anno dal successo del suo libro registrò la bambola Peter Rabbit e successivamente tantissimi altri oggetti di merchandising come libri di pittura, giochi da tavolo e sfondi stampati, diventando una donna ricca ma soprattutto indipendente e convinta di poter deludere con orgoglio gli standard dell’epoca.

Nel 1930 venne pubblicata la sua ultima storia, The Tale of Little Pig Robinson. La sua vista diminuiva e la passione per l’agricoltura, l’allevamento e la conservazione dell’ambiente occupavano tutto il suo tempo.

Grazie ai suoi libri era riuscita a comprare la bellissima dimora di Hill Top Farm, dove aveva incontrato per la prima volta Benjamin Bunny, e tutti i terreni intorno.

Beatrix Potter morì il 22 dicembre 1943 lasciando in eredità quindici fattorie e oltre 4.000 acri al National Trust, il suo ultimo dono per regalare a tutti, e non solo ai bambini, il mondo incantato del Lake District.

 

Nel 1997, la Linnean Society ha espresso le sue scuse per il sessismo che aveva guidato la valutazione dei contributi scientifici femminili.

 

La storia che hai appena letto è una delle 11 che abbiamo raccolto nella nuova edizione di Rebel Stories. Volume II. Puoi scaricarlo qui.

Rebel Vol. 2

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